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Questo tremendo virus, dicevate un paio di mesi fa, ci renderà migliori.No. Non è successo.L’abbiamo capito con i post vergognosi sulla liberazione di Silvia Romano che facciamo schifo come prima.Abbiamo cantato dai balconi per un paio di giorni.Selfie, stories e condivisioni.Poi siamo tornati a bestemmiare sui divani.Abbiamo disegnato cartelli con arcobaleni.Selfie, stories e condivisioni.Poi siamo tornati a insultare gente sui social.Abbiamo sofferto le distanze e offeso i politici che ci hanno chiuso in casa, ma torneremo presto a dimenticarci di chiamare gli amici.Il coronavirus non ci ha insegnato niente, o comunque poco. Ci ha insegnato ad usare le app di delivery, a lavarci le mani, a evitare di toccare la gente quando gli parliamo (spero), a fare la pizza, il pane, i ravioli, a vivere senza calcio, a fare giardinaggio e un po’ di bricolage. Ma cos’altro?Ci ha certamente cambiato la vita, ci ha tolto la routine per darci due mesi diversi, “strani”, scanditi da cose che non avremmo mai fatto, da emozioni che non avremmo mai vissuto. Ci ha dato le dirette di Vieri, i gintonic homemade, le repliche di Germania 2006 e tanti concerti brutti su Raiuno. Ci ha presentato il Dott. Rinaldi (per gli italiani, Locatelli, Brusaferro e il povero Borrelli), ci ha obbligato a guardare ore di video con i droni nelle città deserte e le pubblicità dei supermercati sui video con i droni nelle città deserte, ci ha fatto ascoltare le canzoni brutte scritte per solidarietà e qualche bella playlist di deejay senza lavoro. Ci ha dato i collegamenti zoom, i flashmob e gli applausi dai balconi, due orribili stagioni della Casa di Carta, le nonne su whatsapp che non riescono a centrare l’inquadratura, Youporn premium, le polemiche sugli aiuti di Stato, le polemiche sui decreti, i decreti, un altro decreto, le polemiche sulle autocertificazioni, un’altra autocertificazione, un’altra polemica, la determinazione di chi è e chi non è congiunto, i confini chiusi. Ci ha fatto riflettere sui contatti, sugli assemblamenti che poi sono assembramenti (potevate sfruttare il tempo per studiare un po’), ci ha schifato con le paradossali preghiere di Salvini dalla D’Urso e le paradossali discussioni sui complotti, sul 5G, sul plasma, su Burioni, su Tarro (quello del funky degli Articolo 31), su De Donno. E giù con le conferenze stampa e i virologi a caccia di un’intervista che dibattono su farmaci prodigiosi (uno a settimana) e tamponi a tappeto. E poi Fontana che non sa mettersi la mascherina, la bagarre su ogni decisione, i 200m da casa, gli annunci delle conferenze di Conte ancora di più delle conferenze stesse, lo smartworki e l’odio per i runner prima di diventare tutti runner. L’amuchina sparita dopo due giorni e le mascherine.E le tante cose brutte davvero, sulle quali non ci si può scherzare sopra: le immagini dal nord Italia, le bare, i posti di blocco, le terapie intensive, le difficoltà economiche, le serrande abbassate.A San Marino ricorderemo le dirette Facebook di RTV con le domande sempre uguali (che fine ha fatto Rinaldi? posso andare al Conad? ma i tamponi?) e ogni giorno peggiori. Le bandiere ai balconi, gli hashtag rivedibili, le tende davanti all’Ospedale. L’odio verso il frontaliere untore, la battaglia politica forzata su ogni scelta. La Cerimonia del 1° aprile in un clima apocalittico. Le file ai supermercati. Le facce di chi ci ha dato brutte notizie, quelle di chi ci ha dato belle notizie, ricorderemo ciò che ci è stato proibito pensando che ci spettasse e ciò che probabilmente ci spettava ma che qualcuno ha deciso di proibire. Ricorderemo quanto ci sia mancato poter lavorare regolarmente ma saremo grati per esserci goduti un po’ di più le mura di casa nostra. La solidarietà ma anche la burocrazia, le restrizioni ma anche la libertà della quale, è inutile spiegarlo, se ne capisce il valore soltanto quando ci viene tolta.Pur restando sempre in pigiama abbiamo voluto indossare ogni giorno un vestito diverso, quello del politico per legiferare meglio di chi è chiamato a farlo, del poliziotto per controllare meglio di chi lo fa per mestiere, del medico perché ognuno sa come fare a salvare vite, del giornalista per disquisire su ogni notizia, del ricercatore con la certezza di sapere da dove arriva questo maledetto virus attribuito a piacere al 5G, ai cinesi, al pipistrello, al pangolino (che cazzo è il pangolino?), alle lobby farmaceutiche, a Bill Gates, agli illuminati…Se il tempo perso a versare bile contro uno o contro l’altro lo avessimo dedicato alla riflessione forse davvero fuori da questo virus ci saremmo ritrovati migliori.E invece no, siamo sempre alla caccia del nemico, anche nell’emergenza. Anche quando il nemico è uno e solo uno, un virus piccolo piccolo, microscopico, che per farci capire che siamo dei coglioni ha usato la stessa strategia delle nostre madri quando eravamo ragazzini: ci ha chiuso in casa.Perché forse non l’abbiamo capito, ma questo mondo, sfruttando il virus, ci ha messo tutti in punizione.E domani è di nuovo lunedì.
Il primo presenterà “Oltre il Sogno”, il suo libro sulla storia di Arrigo Sacchi, l’altro proporrà lo speech “I Titani del Calcio” all’interno del panel “identità”
Ci saranno due giornalisti sammarinesi sul palco di Campo Aperto, il Festival organizzato da alcune community che si occupano di calcio e intendono raccontarlo sotto tutte le sue sfaccettature incontrando giornalisti e protagonisti del mondo sportivo che si terrà a Milano nella meravigliosa cornice de La Fabbrica del Vapore.
Sergio Barducci presenterà lunedì, alle 17.45 il suo ultimo libro “Oltre il Sogno” intervenendo nello spazio riservato alle nuove iniziative editoriali. Il giornalista sammarinese sfoglierà assieme ad Alan Gasperoni e al pubblico (in presenza e in remoto) le pagine dell’opera scritta per Minerva condividendo le emozioni di un’estate vissuta accanto al più celebre e vincente allenatore italiano per raccontarne la storia umana che sta dietro quella sportiva.
Alan Gasperoni sempre lunedì ma alle 17, presenterà invece lo speech “Titani del calcio” all’interno del panel “calcio è identità”.
Il Festival, che si apre domani, vedrà giornalisti, calciatori, dirigenti, blogger e personalità del mondo sportivo salire sul palco per i panel “calcio è futuro”, “calcio è cultura”, “calcio è società”, “calcio è emancipazione” e “calcio è identità” dove si parlerà appunto di San Marino.
Una mostra di maglie da gioco di piccole nazionali e realtà meno note, tra le quali alcune divise della nazionale sammarinese e di club del Titano accompagnerà l’evento.
San Marino conquista la terza medaglia olimpica
L’ultima presa vale la medaglia. Myles Nazem Amine Mularoni scrive il suo nome nella storia della Repubblica di San Marino e raggiunge Gian Marco Berti ed Alessandra Perilli nell’Olimpo dello sport biancazzurro conquistando all’ultima occasione un meraviglioso bronzo nella lotta libera.
Alla Makuhari Messe Hall di Tokyo il sammarinese d’oltreoceano batte nella finalina per la medaglia di bronzo della categoria 86kg l’indiano Deepak Punia con il punteggio finale di 4-2 e sale sul podio avvolto nella bandiera biancazzurra per regalare l’ennesimo storico alloro al Paese da cui partirono i suoi avi per raggiungere gli States e che oggi orgogliosamente rappresenta sul più importante palcoscenico sportivo del mondo. Madre sammarinese, padre libanese, residenza nel Michigan, Myles Nazem Amine Mularoni rappresenta in maniera perfetta i numerosi cittadini che non vivono in territorio, figli di emigranti, cittadini del mondo e li unisce tutti in un unico immenso abbraccio. Emigranti, residenti, cittadini senza eccezione. Sammarinesi. Tutti a tifare per lui, tutti uniti allo scadere dei 6 minuti di incontro che lo hanno incoronato medaglia di bronzo e ne hanno esaltato tenacia, qualità tecnica e doti fisiche. Sotto 2-1 all’intervallo Myles Amine ha rincorso l’avversario fino a 7 secondi dalla fine quando all’ultima occasione ha firmato il sorpasso che vale il 4-2… e il bronzo. Il resto sono lacrime di gioia, telefonate intercontinentali, festeggiamenti incontenibili e parole di stima di autorità e istituzioni. La missione sammarinese a Tokyo si chiude così. Ed è qualcosa di unico, irripetibile, inimmaginabile, meraviglioso. Storico, leggendario. Mitico.
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