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Oggi al campo di tiro a volo ho incontrato un amico che non vedevo da un po’ di tempo.

Mi ha detto una cosa bella. Molto bella.

E mi sono fatto tutto il viaggio di ritorno con il magone.

E i viaggi di ritorno a Tokyo sono roba da un paio d’ore..!

E allora in questo infinito viaggio di ritorno ho avuto il tempo per pensare e per rendermi conto che nel bene e nel male alle Olimpiadi si piange moltissimo.

Si commuovono tutti, piangono in tanti, piangono di gioia quelli che vincono, piangono di rabbia quelli che perdono di poco, piangono proprio tanto quelli che perdono male e quelli che non raggiungono il risultato sperato. Piange chi, come la Pellegrini, si rende conto di aver scritto la storia di ciò di cui da domani non farà più parte, piange la nostra Arianna che voleva “dare di più”, piange la mitologica Simone Biles che si mette a nudo e racconta della difficoltà di combattere contro l’oscurità.

Piange chi si commuove perché vede cose che lasciano senza fiato, piange chi si chiede quando finirà questa maledetta pandemia che è riuscita ad attaccare e ad intaccare anche l’evento più grande del pianeta.

Tutti con gli occhi lucidi, eppure, quanto sono belle le Olimpiadi?

Sono meravigliose, un parco giochi per adulti, una vacanza a Ibiza con amici che arrivano da ogni parte del mondo, una partita a calcetto con il tuo idolo, un selfie con l’idolo di tuo padre. Durano tanti giorni ma a pesare sono i momenti, gli attimi, gli istanti. Un saluto, un cenno, una parola incomprensibile di un amico che parla un’altra lingua. Una schiacciata, una bracciata, una volè, uno sparo. Emozioni. La bandiera del tuo stato su un pennone. Le Olimpiadi sono cavalli e ronzini insieme nella stessa gara, sogni di gloria eterna e “l’importante è partecipare”, wild card e qualificati, medaglie d’oro e ultimi posti, calcio che passa in secondo piano scalzato dalla scherma, sogni, speranze, balli, canti, gioia e, appunto, lacrime.

Queste Olimpiadi poi, sono le Olimpiadi della rinascita che non è tale, perchè il mostro è ancora qui e si palesa nei bollettini quotidiani. Sono le Olimpiadi delle mascherine, dei cartelli “parlate solo se serve e non cantate” degli impianti vuoti e dei bar chiusi anche se lo sponsor si chiama Coca Cola. Ma sono anche le Bermuda che vincono il loro primo oro, Djokovic che passeggia nel villaggio e batte il cinque a chiunque, russi e americani nella stessa mensa (mussulmani e israeliani ancora no, purtroppo), tredicenni che vincono medaglie nello skateboard, teenagers che spodestano i veterani e veterani che non abdicano nemmeno sotto tortura, il beach volley e il basket 3×3 che spopolano perché piacciono ai millennials e alle tv, gli USA che vivono nel ricordo del Dream Team anche quando non è tale, bandiere sconosciute da cercare su google e poi inchini giapponesi, ancora inchini giapponesi e “konnichiwa” ovunque (che penso voglia dire ciao, ma che funziona per ogni cosa), controlli di sicurezza, controlli Anti-covid, controlli degli accrediti e ancora inchini di un popolo che più cordiale non potrebbe essere.

Fai 20 giorni sulla giostra, ti distruggi a correre da una parte all’altra, ti alzi all’alba e vai a letto tardi, mangi poco, male e al volo ma poi, quando ti fermi a pensare, sei felice, appagato, o triste se pensi che manca moltissimo tempo alla prossima edizione. Cosa farai quando le luci si riaccenderanno a Parigi?

E piangi.

Perché ve l’ho detto che alle Olimpiadi piangono tutti.

Persoglia cede a Van T End dopo 26 secondi

Per il sammarinese una gara complicata contro il numero 2 del mondo

Un po’ di rabbia, tanta delusione e un po’ di “avrei voluto fare di più”. Il sorteggio maledetto ha messo Paolo Persoglia di fronte al numero due del mondo e campione mondiale 2019 Noel Van T End e la sfida impari si è conclusa dopo soli 26 secondi con un Ippon (il KO del judo) dell’olandese e gli inchini all’arbitro. Nulla da fare. Ora il talentuoso judoka sammarinese deve guardare a domani, quando le emozioni negative lasceranno posto alla consapevolezza di aver partecipato ad un Olimpiade, di aver calpestato il tatami del Budokan Nippon, dove il judo è nato ed è diventato una delle discipline più popolari al mondo, per una sfida valida per la competizione più importante di tutte. E ci sarà anche un dopo-domani, quando bisognerà tornare a lottare a testa bassa per riproporsi al via di Parigi 2024. Forza Paolo, testa alta!

Dominio di Gian Marco Berti nelle quali del trap maschile, Alessandra Perilli seconda in quelle femminili

Nel rovente shooting center di Asaka l’unica cosa fresca sono i cervelli di Alessandra e Gian Marco. Lucidi, precisi, concreti, sereni. Alessandra Perilli e Gian Marco Berti, entrambi guidati da Luca Di Mari, dominano la scena della prima giornata di qualificazioni del tiro a volo a Tokyo 2020. Per entrambi un solo errore per un parziale di 74/75 che lancia Gian Marco in vetta alla classifica maschile pari merito con altri quattro atleti, il portacolori del Kuwait Al Faihan, il tailandese Sresthaporn, il ceco Liptak e l’italiano De Filippis. A 73/75 inseguono addirittura in 9. La gara è più che mai aperta ma intanto, a due terzi del cammino, siamo lì.

Stesso risultato per Alessandra Perilli che però deve accontentarsi del secondo posto parziale visto che la veterana slovacca Stefecekova (argento a Londra e Pechino) ha chiuso il giro con l’en plein 75/75. Pari merito con Alessandra solamente l’italiana Silvana Stanco mentre a quota 33 ci sono Scanlan (AUS) e Subbotina (RUS). Anche tra le ragazze i conti si faranno domani quando altri 50 piattelli (due serie da 25) completeranno la classifica e decreteranno le sei migliori concedendo l’accesso alla finale. La Perilli spara alle 9 e alle 11.05, Berti alle 9.50 e alle 11.55 (orario giapponese, -7 ore per chi segue da San Marino). Alle 14.30 la finale femminile, un’ora dopo quella maschile, ma oggi vengono i brividi anche solo a parlarne. Ci vuole calma, tanta calma. Come quella mostrata nella mattina giapponese dai nostri due Campioni.