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25 May 2020
La comunicazione secondo Francesco
Io e la religione abbiamo un rapporto molto particolare, a 35 anni non ho ancora capito se credo, se credere, se credere almeno un po’…
Quel che è certo è che per chi vive di razionalità (si, ho anche questo difetto), accettare che un uomo di bianco vestito, possa rappresentare Dio sulla terra mi viene difficile quando già fatico a credere ai rappresentanti delle aziende che mi chiamano per loro proposte…
E allora, in attesa di un’evoluzione personale che mi porti, come accade a tanti, soprattutto invecchiando, verso la religione, valuto l’operato del Papa per quello che è obbligatorio riconoscergli, ovvero per il suo valore umano, per la sua grandissima esperienza, per l’innegabile empatia e soprattutto per la grande intelligenza e l’enorme preparazione.
Come comunica Papa Francesco? Da Dio, verrebbe da dire con una battuta… basta pensare all’immagine che passerà alla storia di lui, solo, in Piazza San Pietro, durante il lockdown mondiale per il Coronavirus.
Come giudica la comunicazione Papa Francesco? Che valore gli dà? In assoluto ne riconosce il valore, nello specifico ne parla poco ma la “sfrutta” alla grande.
Ieri, durante il Regina Coeli, il Papa ha ricordato la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali riprendendo un messaggio scritto lo scorso gennaio, aggiungendo al tema della Narrazione numerosi spunti interessanti sulla comunicazione.
Lo trovate qui, chi saprà leggere tra le righe di questo messaggio lo troverà di certo utile: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/communications/documents/papa-francesco_20200124_messaggio-comunicazioni-sociali.html
10 May 2020
Avremmo dovuto risvegliarci migliori
Questo tremendo virus, dicevate un paio di mesi fa, ci renderà migliori.No. Non è successo.L’abbiamo capito con i post vergognosi sulla liberazione di Silvia Romano che facciamo schifo come prima.Abbiamo cantato dai balconi per un paio di giorni.Selfie, stories e condivisioni.Poi siamo tornati a bestemmiare sui divani.Abbiamo disegnato cartelli con arcobaleni.Selfie, stories e condivisioni.Poi siamo tornati a insultare gente sui social.Abbiamo sofferto le distanze e offeso i politici che ci hanno chiuso in casa, ma torneremo presto a dimenticarci di chiamare gli amici.Il coronavirus non ci ha insegnato niente, o comunque poco. Ci ha insegnato ad usare le app di delivery, a lavarci le mani, a evitare di toccare la gente quando gli parliamo (spero), a fare la pizza, il pane, i ravioli, a vivere senza calcio, a fare giardinaggio e un po’ di bricolage. Ma cos’altro?Ci ha certamente cambiato la vita, ci ha tolto la routine per darci due mesi diversi, “strani”, scanditi da cose che non avremmo mai fatto, da emozioni che non avremmo mai vissuto. Ci ha dato le dirette di Vieri, i gintonic homemade, le repliche di Germania 2006 e tanti concerti brutti su Raiuno. Ci ha presentato il Dott. Rinaldi (per gli italiani, Locatelli, Brusaferro e il povero Borrelli), ci ha obbligato a guardare ore di video con i droni nelle città deserte e le pubblicità dei supermercati sui video con i droni nelle città deserte, ci ha fatto ascoltare le canzoni brutte scritte per solidarietà e qualche bella playlist di deejay senza lavoro. Ci ha dato i collegamenti zoom, i flashmob e gli applausi dai balconi, due orribili stagioni della Casa di Carta, le nonne su whatsapp che non riescono a centrare l’inquadratura, Youporn premium, le polemiche sugli aiuti di Stato, le polemiche sui decreti, i decreti, un altro decreto, le polemiche sulle autocertificazioni, un’altra autocertificazione, un’altra polemica, la determinazione di chi è e chi non è congiunto, i confini chiusi. Ci ha fatto riflettere sui contatti, sugli assemblamenti che poi sono assembramenti (potevate sfruttare il tempo per studiare un po’), ci ha schifato con le paradossali preghiere di Salvini dalla D’Urso e le paradossali discussioni sui complotti, sul 5G, sul plasma, su Burioni, su Tarro (quello del funky degli Articolo 31), su De Donno. E giù con le conferenze stampa e i virologi a caccia di un’intervista che dibattono su farmaci prodigiosi (uno a settimana) e tamponi a tappeto. E poi Fontana che non sa mettersi la mascherina, la bagarre su ogni decisione, i 200m da casa, gli annunci delle conferenze di Conte ancora di più delle conferenze stesse, lo smartworki e l’odio per i runner prima di diventare tutti runner. L’amuchina sparita dopo due giorni e le mascherine.E le tante cose brutte davvero, sulle quali non ci si può scherzare sopra: le immagini dal nord Italia, le bare, i posti di blocco, le terapie intensive, le difficoltà economiche, le serrande abbassate.A San Marino ricorderemo le dirette Facebook di RTV con le domande sempre uguali (che fine ha fatto Rinaldi? posso andare al Conad? ma i tamponi?) e ogni giorno peggiori. Le bandiere ai balconi, gli hashtag rivedibili, le tende davanti all’Ospedale. L’odio verso il frontaliere untore, la battaglia politica forzata su ogni scelta. La Cerimonia del 1° aprile in un clima apocalittico. Le file ai supermercati. Le facce di chi ci ha dato brutte notizie, quelle di chi ci ha dato belle notizie, ricorderemo ciò che ci è stato proibito pensando che ci spettasse e ciò che probabilmente ci spettava ma che qualcuno ha deciso di proibire. Ricorderemo quanto ci sia mancato poter lavorare regolarmente ma saremo grati per esserci goduti un po’ di più le mura di casa nostra. La solidarietà ma anche la burocrazia, le restrizioni ma anche la libertà della quale, è inutile spiegarlo, se ne capisce il valore soltanto quando ci viene tolta.Pur restando sempre in pigiama abbiamo voluto indossare ogni giorno un vestito diverso, quello del politico per legiferare meglio di chi è chiamato a farlo, del poliziotto per controllare meglio di chi lo fa per mestiere, del medico perché ognuno sa come fare a salvare vite, del giornalista per disquisire su ogni notizia, del ricercatore con la certezza di sapere da dove arriva questo maledetto virus attribuito a piacere al 5G, ai cinesi, al pipistrello, al pangolino (che cazzo è il pangolino?), alle lobby farmaceutiche, a Bill Gates, agli illuminati…Se il tempo perso a versare bile contro uno o contro l’altro lo avessimo dedicato alla riflessione forse davvero fuori da questo virus ci saremmo ritrovati migliori.E invece no, siamo sempre alla caccia del nemico, anche nell’emergenza. Anche quando il nemico è uno e solo uno, un virus piccolo piccolo, microscopico, che per farci capire che siamo dei coglioni ha usato la stessa strategia delle nostre madri quando eravamo ragazzini: ci ha chiuso in casa.Perché forse non l’abbiamo capito, ma questo mondo, sfruttando il virus, ci ha messo tutti in punizione.E domani è di nuovo lunedì.